Mafia, Giuseppe Montalbano 2 condanne

Ingegnere Giuseppe Montalbano

Dopo 30 anni, dalle carte della seconda sentenza di condanna della Cassazione (dicembre 2014) spuntano i rapporti dell’ingegnere Giuseppe Montalbano, imprenditore col pallino degli alberghi, con i capimafia latitanti nelle sue proprietà, in ultimo la villa-covo di Totò Riina di Via Bernini a Palermo. Tra il 1980 e il 1995, scrive la sentenza, Montalbano riciclava il denaro di Riina Salvatore, Gambino Giuseppe Giacomo, Brusca Bernardo, Provenzano Bernardo, Lipari Giuseppe, i pezzi da novanta della mafia. Nel frattempo Montalbano, l’ingegnere di sinistra con amici e avvocati a destra, pilotava fallimenti di attività alberghiere e presiedeva pure il comitato dei creditori della sezione fallimentare di Palermo, all’ombra di compiacenti amicizie giudiziarie, che gli hanno risparmiato nuove inchieste per le decine di denunce sporte, tra 1985 e il 2015, alle Procure di mezza Italia, tra cui quelle di Palermo e di Caltanissetta e poi archiviate…Anche il giudice Giovanni Falcone nel 1984 a Palermo aveva aperto un’inchiesta “per associazione mafiosa” su Montalbano padre, il professore Giuseppe esponente del Pc, e sul figlio, l’imprenditore tra cooperative e appalti; anche per quell’inchiesta la procura di Palermo chiese l’archiviazioneNel 2006, nel bel mezzo tra la condanna in appello a 7 anni e 6 mesi, e la condanna in primo grado dal Tribunale di Sciacca, per concorso esterno, la Corte d’Appello di Palemo, presieduta dal giudice Armando D’Agati, già giudice delegato della Sezione fallimentare di Palermo, e poi la Cassazione restituiscono all’ingegnere Montalbano, anche se per la  Sezione Misure e Prevenzione di Palermo è destinatario di misura interdittiva come “soggetto pericoloso”, 250milioni di euro…tranne la ICIT azienda di impiantistica ubicata a due passi dalla strage di Capaci del 1992.

Corsi e risorsi di una storia vera degli anni ’80, tra appalti, politica, mafia & malagiustizia, di cui la vicenda dell’Hotel San Bartolomeo di Ustica è un emblema: un albergo fatto chiudere con un marchingegno giudiziario, tra sezione fallimentare di Palermo, pubblica amministrazione di Ustica, mafia e corruzione.

Pubblichiamo di seguito l’articolo di Marco Lillo per il “Fatto quotidiano” 10 ottobre 2015 fonte http://www.dagospia.com

UN’ “INTESA” SI TROVA SEMPRE – GIUSEPPE MONTALBANO, L’IMPRENDITORE AIUTATO PER UNA PRATICA IN UNICREDIT DA UN FUNZIONARIO DI “INTESA” SU RICHIESTA DEL DG MICCICHÉ, È STATO CONDANNATO DUE VOLTE IN VIA DEFINITIVA PER FATTI DI MAFIA

La prima volta la Cassazione lo ha condannato per concorso esternoLa seconda sentenza è stata depositata il 18 dicembre del 2014. La Cassazione ha confermato definitivamente la condanna di appello per Montalbano a sette anni per fatti di riciclaggio avvenuti dagli anni ottanta fino al 1995

Non è un soggetto qualsiasi Giuseppe Montalbano, l’imprenditore che sarebbe stato aiutato per una pratica bancaria presso Unicredit da un funzionario di Intesa San Paolo su richiesta del direttore generale di Intesa, cioé Gaetano Micciché. Montalbano, 80 anni, è stato condannato due volte in via definitiva per fatti di mafia. La prima volta la Cassazione lo ha condannato per concorso esterno.

La seconda sentenza è stata depositata il 18 dicembre del 2014. La Cassazione ha confermato definitivamente la condanna di appello per Montalbano a sette anni per fatti di riciclaggio avvenuti dagli anni ottanta fino al 1995.  Si era intestato formalmente le quote di una società, la Arezzo costruzioni, “riconducibile in realtà a personaggi appartenenti a Cosa Nostra”.

Nella sentenza si ricorda che “Montalbano era il proprietario della villa ove risiedeva Salvatore Riina all’ atto del suo arresto” e i giudici lo condannano anche perché avrebbe reimpiegato tramite una vendita societaria “beni immobili in realtà di proprietà di appartenenti a Cosa Nostra di primario livello, quali Riina Salvatore, Gambino Giuseppe Giacomo, Brusca Bernardo, Provenzano Bernardo, Lipari Giuseppe”, il gotha di Cosa Nostra.

Il covo di Totò Riina diventa Caserma dei Carabinieri

Nella precedente condanna del Tribunale di Sciacca per mafia si cita più volte un complesso alberghiero molto famoso in Sicilia: il Torre Macauda di Sciacca.

In quell’ albergo, secondo quello che hanno raccontato i pentiti, si svolgevano incontri tra boss come Salvatore Di Gangi, Giovanni Brusca, Matteo Messina Denaro. In un capodanno degli anni ottanta per ascoltare Rocky Roberts anche Totò Riina che era un suo fan sfegatato era nel pubblico.

Da Unicredit chiamano i vertici di Intesa per ”trasformare” i debiti di Andrea Bulgarella (10 milioni) da sofferenze a incagli: un modo per dargli altro credito senza classificarlo cattivo pagatore – Poi ricambiano il favore per i soli 26mila euro del proprietario dell’ultimo rifugio di Riina...

Secondo i pm di Firenze Gaetano Micciché avrebbe chiesto un intervento su Unicredit per Montalbano. Ma c’ è un filo antico che potrebbe spiegare tutto: il suocero del fratello di Gaetano Micciché era socio di Montalbano nella Torre Macauda Srl, creata nel 1990 e partecipata proprio dalla società Villa Antica Spa di Montalbano (titolare fittizia del covo del capo della mafia) e dalla ITM, Iniziative Turistiche Mediterranee Srl, di Roberto Merra, suocero di Gianfranco Micciché (fratello del manager di Banca Intesa ed ex coordinatore di Forza Italia) che ne ha sposato la figlia Elena. Forse l’ intervento di Gaetano Micciché (non indagato) era teso ad aiutare il suocero del fratello più che il condannato per mafia e riciclaggio.

Certo il passaggio del decreto di perquisizione dei pm di Firenze, Alessandro Crini e Angela Pietroiusti, nell’ ambito dell’ indagine per associazione a delinquere sul vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona e sul costruttore trapanese Andrea Bulgarella, è inquietante.

Banca Intesa non c’ entra nulla nell’ inchiesta ma i pm intercettano una telefonata nella quale il responsabile finanza di Banca Imi (Gruppo Intesa San Paolo) Miche Dapri chiede a Piemontesi, responsabile resctructuring di Unicredit, “di trovare una soluzione favorevole – scrivono i pm – circa la posizione di un imprenditore alberghiero siciliano che ha un contenzioso aperto con Unicredit dell’ importo di 26 mila euro. Dapri – proseguono i pm – specifica che la richiesta è stata sollecitata dal proprio direttore generale (Micciché Gaetano). Piemontesi manifesta la sua completa disponibilità a risolvere il problema.

L’ imprenditore in questione, come emergerà dalla conversazione n. 2487 del 15 maggio 2015 – scrivono i pm – tra i due medesimi interlocutori, s’ identifica in Montalbano Giuseppe che gestiva la società “Villa Antica” proprietaria della villetta ove Riina ha trascorso l’ ultimo periodo di latitanza“.

Secondo i magistrati l’intervento va a buon fine: “Il 15 maggio Piemontesi infatti telefona a Dapri e gli comunica che la vicenda Montalbano si chiuderà con una dichiarazione liberatoria da parte di Unicredit”. Fonti vicine a Unicredit, lasciano filtrare questa versione: “Giuseppe Montalbano non è più un cliente di Unicredit da molti anni. Oggi la sua posizione in sofferenza è stata passata alla UniCredit Credit Management Bank”. Marco Lillo per il “Fatto quotidiano” 10 ottobre 2015 fonte http://www.dagospia.com

Archivi – Ustica: segreti e malaffare (7 giugno 2006)

KLICCA e ascolta la Telefonata a Giuseppe Montalbano (23 Agosto 1985)

Il pentito Di Gati, traccia, con le sue dichiarazioni, un profilo abbastanza compiuto dell’ing. Giuseppe Monltabano, insospettabile colletto bianco molto vicino ai corleonesi di Totò Riina. già arrestato e processato per mafia. Ecco cosa racconta: L’ingegnere Montalbano di cui lei mi chiede è un uomo d’onore di Sciacca, ma uomo d’onore “riservato”….klicca Quando la mafia ha il volto insospettabile: Giuseppe Montalbano http://www.grandangoloagrigento.it 23 luglio 2015

Mafia, Giuseppe Montalbano 2 condanneultima modifica: 2015-10-17T16:38:34+02:00da aldo251246
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  1. Principato: Messina Denaro protetto da rete fra borghesia mafiosa, massoneria e politica

    DDA DI PALERMO

    http://gds.it/ 20 Ottobre 2015 di Filippo Siragusa

    I suoi livelli di protezione sono ancora forti e legati ad ambienti sociali medio alti».
    La Principato ha poi disquisito su ogni forma d’ illegalita esistente in Italia. Tra appalti pilotati, politici compiacenti e persone di cultura che si girano dall’ altra parte, ha sviscerato tutti i meandri sociali che favoriscono la latitanza del boss e il proliferare della devianza mafiosa.
    «Sono una combattente per la legalità- ha esclamato Teresa Principato e non mi arrenderò mai. Nel nostro paese l’ illegalità non colpisce solo i ceti meno abbienti. Da noi l’illegalità trova particolare forza soprattutto in quei ceti cosiddetti “accultura ti” e che occupano ruoli di potere. Leggi tutto

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